lunedì 15 novembre 2010

* Tratto da "Non avevo capito niente" di Diego De Silva (Ed. Einaudi)
"Mi sa che questo è il mio limite: mi mancano le conclusioni, nel senso che ho l'impressione che niente finisca mai veramente.
Io vorrei, vorrei davvero che i dispiaceri scaduti, le persone sbagliate, le risposte che non ho dato, i debiti contratti senza bisogno, le piccole meschinità che mi hanno avvelenato il fegato, tutte le cose a cui ancora penso, le storie d'amore soprattutto, sparissero dalla mia testa e non si facessero più vedere, ma sono pieno di strascichi, di fantasmi disoccupati che vengono spesso a trovarmi. Colpa della memoria, che congela e scongela in automatico rallentando la digestione della vita e ti fa sentire solissimo nei momenti più impensati."
Ecco, questo è la forza del romanzo. Un monologo del protagonista che, fra frizzi e lazzi, si lascia anche andare in riflessioni importanti, serie, profonde, che tutti han elucubrato (cioè, tutti, perlomeno, io).
Un protagonista allegro, incazzoso, passionale, generoso, alle prese con figli mogli amanti vicini clienti, che lo cercano rivogliono bramano sconfessano tradiscono.
Un protagonista che ha finito per starmi sulle anime in maniera assurda. L'ammetto. Assurda perchè non ce n'è motivo, è sul serio simpatico, è sul serio accattivante, è sul serio una brava persona. Ma forse proprio perchè il troppo stroppia, beh, all'ultima pagina son stata lieta di essermelo levato di torno. Pur con le risate che mi ha fatto fare, pur con i pensieri che mi ha portato a sviluppare, pur con la bella scrittura fluida che porcaloca! mica è semplice tutto un romanzo con sto qua che racconta delira sussurra.

2 commenti:

Silas Flannery ha detto...

Uh. Quindi piacevole, ma - alla lunga - pesante, mi sembra d'intuire. Epperò adesso non so se leggerlo o meno...

CharlieB. ha detto...

Leggilo, leggilo! Poi mi dirai ciò che ne pensi tu!

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